Alba






All'alba gli uccelli cominciano a destarsi finchè una rondine, raggiunta dai primi chiarori, ha un grido che d'un tratto sembra creare la luce del giorno: è il simbolo del poeta che nell'oscurità della vita sa evocare una realtà più lieta e luminosa.

Odoravano i fior di vitalba (1)
per via, le ginestre nel greto;
aliavano (2) prima dell'alba
le rondini nell'uliveto.

Aliavano mute con volo
nero, agile, di pipistrello;
e tuttora (3) gemea l'assiolo
che già spincionava (4) il fringuello.

Tra i pinastri (5) era l'alba che i rivi
mirava discendere giù:
guizzò un raggio (6), soffiò (7) su gli ulivi;
virb...(8) disse una rondine; e fu

giorno: un giorno di pace e lavoro,
che (9) l'uomo mieteva il suo grano,
e per tutto nel cielo sonoro
saliva un cantare lontano.


1) Arbusto rampicante.
2) Volavano di qua e di là, incerte.
3) Ancora.
4) Faceva sentire il suo verso. (da spincione, fringuello da richiamo)
5) Pini selvatici.
6) I primi chiarori dell'alba.
7) Si sperse lieve come un soffio.
8) è il verso della rondine.
9) Durante il quale.



Dall'argine







In un meriggio assolato, un filo di fumo sottolinea l'immobilità dello spazio e la voce di una calandra (un tipo di allodola) sembra approfondire il silenzio di quel momento di calura.

Posa (1) il meriggio su la prateria.
Non ala orma ombra nell'azzurro e verde. (2)
Un fumo al sole biancica (3); via via
fila e si perde.

Ho nell'orecchio un turbinìo di squilli,
forse campani di lontana mandra;
e, tra l'azzurro penduli (5), gli strilli
della calandra.(6)


1) Ha valore intensivo, per indicare l'immobilità dell'ora.
2) Non un volo nell'azzurro del cielo, non un'ombra o un'orma tra il verde della campagna.
3) Biancheggia.
4) S'allunga come un filo.
5) Come sospesi nel cielo.
6) Un tipo di allodola.

Il passero solitario






Come il passero solitario effonde il suo canto con tutto se stesso, così una suora, in tre note di un organo, che fa risuonare nel silenzio del convento,
rivela un segreto desiderio di evasione, sepolto nel cuore.


Tu nella torre avita (1),
passero solitario,
tenti la tua tastiera,
come nel santuario
monaca prigioniera
l'organo, a fior di dita; (2)

che pallida, fugace,
stupì (3) tre note, chiuse
nell'organo, tre sole,
in un istante effuse,
tre come tre parole
ch'ella ha sepolte, in pace. (4)

Da un ermo santuario
che sa di morto incenso
nelle grandi arche vuote, (5)
di tra un silenzio immenso
mandi (6) le tue tre note,
spirito solitario.(7)


1) Riferimento a Leopardi.
2) Cerchi i suoni del canto, come la monaca quelli di una melodia, toccando i tasti dell'organo.
3) Le note sembrano stupirsi di uscire dall'organo.
4) Sono i voti di castità, obbedienza e povertà.
5) Grandi come tombe monumentali di pietra.
6) Al cielo.
7) La monaca, come il passero.



Stoppia







Dov'è, campo, il brusìo della maretta (1)
quando rabbrividivi (2) ai libeccioli? (3)
Ti resta qualche fior d'erba cornetta, (4)
i fiordalisi, i rosolacci soli. (5)

E nel silenzio del mattino azzurro
cercano in vano il solito sussurro;

mentre nell'aia, là, del contadino
trébbiano nel silenzio del mattino.

Dov'è, campo, il tuo mare ampio e tranquillo,
col tenue vel di reste (6), ai pleniluni?

Pei nudi solchi trilla trilla il grillo,
lucciole vanno per i solchi bruni.

E nella sera, con ansar di lampo, (7)
cercano il grano nel deserto campo;

mentre tuttora, là, dalla riviera (8)
romba il mulino nella dolce sera.



1) Il mare leggermente agitato, il cui fruscio è simile a quello del grano mosso dal vento. La metafora la si trova anche nel Poliziano.
2) Il grano mosso dal vento, sembra scosso da lunghi brividi.
3) Il Libeccio, vento di Sud-est, detto anche "Garbino".
4) Un'erba dalle foglie pennate e dai fiori gialli, raccolti in ombrello, detta anche coronilla.
5) Papaveri selvatici.
6) Gli steli delle spighe.
7) La luce intermittente delle lucciole sembra il breve scintillio dei lampi.
8) Fiume.



L'assiuolo








Dov'era la luna? ché il cielo
notava in un'alba di perla,(1)
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.

Venivamo soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù (2)

Le stelle luccicavano rare
tra mezzo alla nebbia di latte: (3)
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru (4) tra le fratte (5);
sentivo nel cuore un sussulto,
com'eco d'un grido che fu.(6)
Sonava lontano il singulto:
chiù...

Su tutte le lucide vette (7)
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d'argento (8)
(tintinni a invisibili porte
che forse non s'aprono più?...)(9)
e c'era quel pianto di morte...
chiù...


1) La luna stava per mostrarsi, perchè nel cielo si diffondeva un lieve chiarore; "notava" sta per "nuotava" come appunto se il cielo fosse immerso nel chiarore lunare.
2) è il verso dell'assiolo, piccolo uccello rapace notturno, simile al gufo.
3) L'alone luminoso della luna.
4) Fruscio misterioso.
5) Cespugli.
6) Un ricordo di un dolore che sembrava placato e che risorge al richiamo delle voci notturne.
7) Le cime degli alberi illuminate dalla luna.
8) Le cavallette, scuotendo le ali, producevano un suono argentino come quello dei sistri (antico strumento musicale egiziano, proprio del culto di Iside, formato da piccole lamine metalliche che venivano percosse come una verga piegata a U).
9) Quelle della morte. Il culto a Iside prometteva la resurrezione dopo la morte.



Temporale








Un bubbolìo lontano... (1)

Rosseggia l'orizzonte, (2)
come affocato (3), a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero (4) un casolare:
un'ala di gabbiano.


1) è il brontolio del tuono.
2) Per i lampi.
3) Infuocato.
4) Delle nubi temporalesche.

Dopo l'acquazzone






Cessato il temporale, il paese sembra avere una nuova luce e la vita riprende operosa: anche il cimitero sembra meno cupo e doloroso. Il tema leopardiano della "Quiete dopo la tempesta" (l'unica felicità possibile è il momento di vitalità tra un dolore che finisce e un altro inevitabilmente successivo) è qui risolto nella meraviglia per la nuova bellezza della natura e in una vaga serenità, velata dalla consueta immagine del cimitero.


Passò strosciando (1) e sibilando il nero
nembo: or la chiesa squilla (2); il tetto, rosso
luccica; un fresco odor dal cimitero
viene, di bosso.

Presso la chiesa; mentre la sua voce (3)
tintinna, canta, a onde lunghe romba; (4)
ruzza uno stuolo, (5) ed alla grande croce
tornano a bomba. (6)

Un vel di pioggia vela l'orizzonte;
ma il cimitero, sotto il ciel sereno,
placido olezza: va da monte a monte
l'arcobaleno.


1) è lo strepito della pioggia che cade violenta.
2) Le campane della chiesa.
3) Quella delle campane.
4) Il susseguirsi delle sillabe che passano a suoni larghi e cupi
(-tin, -on, -lun, -rom) riproduce il suono delle campane.
5) Un gruppo di bambini gioca rincorrendosi.
6) I bambini cercando di tornare al punto di partenza, senza farsi prendere.



Pioggia








Cantava al buio (1) d'aia in aia il gallo.

E gracidò nel bosco la cornacchia:
il sole si mostrava a finestrelle. (2)
Il sol dorò la nebbia della macchia,
poi si nascose; e piovve a catinelle.
Poi tra il cantare delle raganelle
guizzò sui campi un raggio lungo e giallo.

Stupìano i rondinotti dell'estate
di quel sottile scendere di spille: (3)
era un brusìo con languide sorsate (4)
e chiazze larghe e picchi (5) a mille e mille;
poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
di stille d'oro in coppe di cristallo. (6)


1) Al crepuscolo dell'alba.
2) Tra le nuvole dove il sole fa capolino.
3) La pioggia cade sottile, minuta e pungente come aghi.
4) Gli scrosci più ampi di pioggia, come se la terra li bevesse inebriata.
5) Il picchettio di gocce più minute.
6) I raggi del sole che si infrangono nelle gocce, come su un vetro.



Sera d'ottobre






Lungo la strada vedi su la siepe
ridere (1) a mazzi le vermiglie bacche;
nei campi arati tornano al presepe (2)
tarde le vacche.

Vien per la strada un povero che il lento
passa tra foglie stridule (3) trascina:
nei  campi intuona una fanciulla al vento:
Fiore di spina!...(4)


1) Risplendere di colori.
2) Alla stalla.
3) Perchè sono secche.
4) è la fanciulla che intona lo stornello.

Ultimo canto







La malinconia che si leva dalla campagna autunnale al crepuscolo sembra concretizzarsi nel canto della sfogliatrice, che richiama il destino dell'uomo.

Solo quel campo, dove (1) io volga lento
l'occhio, biondeggia di pannocchie ancora,
e il solicello (2) vi si trascolora. (3)

Fragile (4) passa fra' cartocci (5) il vento:
uno stormo di passeri s'invola:
nel cielo è un gran pallore di viola.

Canta una sfogliatrice (6) a piena gola:
Amor comincia con canti e con suoni
e poi finisce con lacrime al cuore.(7)


1) Dovunque.
2) Sole pallido.
3) Vi cambia colore.
4) Con lieve fruscio.
5) Le foglie che avvolgono le pannocchie.
6) Chi lavava le foglie alle pannocchie di granoturco.
7) Il canto della donna è la rielaborazione di un canto popolare marchigiano: "L'amor comenza con soni e con canti/poi finisce con lagrime e con pianti/l'amor comenza con canti e con soni/e po' finisce con lagrime al core".



Il piccolo bucato







Pochi panni stesi ad asciugare suscitano una serie di impressioni autunnali che fondono il senso della morte (gli alberi spogli, il vento che urla, il tugurio triste come tomba) con immagini di vita (un corrediono che ride sui cespugli, una nenia e quindi un bimbo che s'addormenta). I versi, intonati su un registro stridulo o aspramente sonoro, assumono spesso un valore imitativo del rumore del vento.

Come tetra la sizza (1) che combatte (2)
gli alberi brulli e fa schioccar le rame
secche, e sottile fischia tra le fratte! (3)

Sur una fratta (o forse è un biancor d'ale?)
un corredino ride in quel marame: (4)
fascie, bavagli, un piccolo guanciale.

Ad ogni soffio del rovaio (5) , che romba,
le fascie si disvincolano lente;
e da un tugurio triste come tomba
giunge una nenia, lunga, paziente.


1) Vento di tramontana.
2) Scuote.
3) Cespugli. (un tempo, in campagna, il bucato si metteva ad asciugare sui cespugli)
4) Cose alla rinfusa: è la natura, scompigliata dal vento.
5) Altro nome del vento di tramontana.



Novembre






Un giorno sereno di novembre richiama l'immagine della primavera e riporta quasi il profumo degli albicocchi in fiore; ma l'illusione è breve, perchè i rami sono spogli, il cielo senza voli e nel silenzio s'addensano impressioni malinconiche. Traspare dalle cose il consueto senso della morte che, nel finale, sembra identificarsi con l'autunno.


Gemmea l'aria (1), il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo (2) l'odorino amaro
senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame (3) segnano il sereno, (4)
e vuoto è il cielo, e cavo al piè sonante (5)
sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, dai giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. è l'estate,
fredda, dei morti. (6)


1) Limpida e fredda come una gemma.
2) Il biancospino.
3) L'intrico dei rami spogli.
4) Il cielo.
5) Il terreno ghiacciato risuona sotto il piede come fosse cavo.
6) Si fondono due date: il 2 Novembre dedicato ai defunti e l'11 Novembre, la cosiddetta estate di San Martino che comprende alcuni giorni attorno alla ricorrenza di San Martino, caratterizzati da bel tempo e mite temperatura.



Il fiume






Il poeta segue con la fantasia il corso di un fiume che si muta nello scorrere della vita umana: la sorgente con le sue immagini festose diventa la giovinezza mentre la foce dove l'acqua del mare assorbe e cancella quella del fiume, richiama la morte. E come l'acqua della sorgente è la stessa della foce, così morte e vita sono ugualmente presenti nella nostra esistenza.

Fiume che là specchiasti un casolare
co' suoi rossi garofani, qua mura
d'erme (1) castella, e tremula verzura; (2)
eccoti giunto al fragoroso mare:

ed ecco i flutti verso te balzare
su dall'interminabile pianura,
in larghe file; e nella riva oscura
questa si frange, e quella in alto appare; (3)

tituba e croscia. (4) E là donde tu lieto,
di sasso in sasso, al piè d'una betulla,
sgorghi sonoro tra le brevi sponde; (5)

a un po' d'auretta scricchiola il canneto,
fruscia il castagno, e forse una fanciulla
sogna a quell'ombre, al mormorio dell'onde.


1) Solitarie.
2) Piante mosse dal vento.
3) Mentre una fila di onde si frange, un'altra si solleva prima di abbattersi sulla riva.
4) Sta un attimo sollevata come esitando e poi cade scrosciando.
5) è ancora un ruscello.

Lo stornello






Una fanciulla ascolta a tarda sera un canto lontano che riassume il suo stato d'animo di solitudine e di malinconia: attorno è il grande silenzio della campagna che sembra caricarsi della medesima tristezza e del senso della vanità della vita.

- Sospira e piange, e bagna le lenzuola
la bella figlia, quando rifà il letto, - (1)
tale alcuno comincia un suo rispetto: (2)
trema nell'aurea (3) notte ogni parola;

e sfiora i bossi (4), quasi arguta (5) spola,
l'aura con un bruire (6) esile e schietto:
- e si rimira il suo candido petto,
e le rincresce avere a dormir sola. -

Solo, là (7) dalla siepe, è il casolare;
nel casolare sta la bianca figlia;
la bianca figlia il puro ciel rimira.

Lo vuole, a stella a stella, essa contare;
ma il ciel cammina, (8) e la brezza bisbiglia,
e quegli canta, e il cuor piange e sospira.


1) Pensando a chi l'ha lasciata sola.
2) Il rispetto è un canto popolare di contenuto amoroso.
3) Per il brillare della Luna e delle stelle.
4) Arbusti sempreverdi.
5) Dal suono acuto.
6) Rumore lieve.
7) Al di là.
8) Gli astri sorgono e tramontano.



Pieve




Giorno d'arrivi il tuo, san Benedetto: (1)
ecco una prima rondine che svola.
E trova i pioppi nella vale dola,
la grande pieve (2), il nido piccoletto.

Razzano (3) i vetri; l'occhio del coretto (4)
nereggia (5) sotto un ciuffo di viola: (6)
ecco la cigolante banderuola,(7)
gli embrici raggi (8) del loquace tetto.(9)

E di saluti sonano le gronde
e il chiuso, (10) dove il cielo è vaporato (11)
da un rosseggiar di peschi e d'albicocchi.

E la rondine stridula risponde
aliando (12) con lievi ombre: sul prato
le segue un cane co' fuggevoli occhi.


1) Il 21 marzo, l'inizio della primavera; un proverbio dice: "San Benedetto, la rondine sul tetto".
2) La chiesa parrochiale.
3) Brillano per i riflessi del Sole.
4) Piccola finestra circolare del coro della chiesa.
5) Perchè dentro, nella chiesa, è buio.
6) Perchè le viole sono cresciute in un po' di terra depositatasi in qualche fessura.
7) Lastra metallica girevole, posta su un tetto o un campanile per indicare la direzione del vento.
8) D'un rosso ruggine.
9) Per i trilli degli uccelli.
10) I campi recintati.
11) è sfumato dai petali rosati degli alberi in fiore.
12) Svolazzando.



In chiesa




Sciama con un ronzio d'api la gente (1)
dalla chiesetta in sul colle selvaggio; (2)
e per la sera limpida di maggio
vanno le donne, a schiera, lente lente:

e passano tra l'alta erba stridente (3)
e pare una fiorita il lor passaggio: (4)
le attende a valle tacito il villaggio
con le capanne chiuse e sonnolente.

Ma la chiesetta ancor nell'alto svaria (5)
tra le betulle, e il tetto d'un intenso
rossor sfavilla nel silenzio alpestre.

Il rombo delle pie laudi nell'aria
palpita ancora; un lieve odor d'incenso
sperdesi tra le mente e le ginestre.


1) Si disperde chiacchierando.
2) Ricoperto da un bosco (selva).
3) Piena di fruscii.
4) Fioritura.
5) Fa una macchia di color diverso.



Germoglio



In primavera spuntano i germogli che poi daranno fiori e frutti, ma in autunno di tanta vitalità restano solo foglie secche e la desolazione della natura. Allo stesso modo i nostri sogni sorgono pieni di promesse, ma sono anch'essi soggetti alle leggi della vita e quindi destinati a perire.

La scabra vite che il lichene ingromma (1)
come di gialla ruggine, germoglia:
spuntar vidi una, lucida di gomma,(2)
piccola foglia.

Al solo che brilla in mezzo a gli umidicci
solchi anche l'olmo screpolato muove: (3)
medita, (4) il vecchio (5), rame (6), pei viticci
nuovi, pur nuove:

cui (7) tremolando cercano coi lenti
viticci i tralci a foglie (8) color rame,
mentre su loro tremolano ai venti
anche le rame.(9)

Da qual profonda cavità (10) m'ha scosso
il canto dell'aereo cuculo?
fiorisce a spiga per le prode il rosso
pandicuculo? (11)

è del fior d'uva questa ambra (12) che sento
o una lieve traccia di viole?
dove si vede il grappolo d'argento (13)
splendere al sole?

grappolo verde e pendulo, che invaia (14)
alle prime acque fumide (15) d'agosto,
quando il villano sente sopra l'aia
piovere mosto: (16)

mosto che cupo brontola e tra nere
ombre sospira e canta San Martino, (17)
allor che singultando (18) nel bicchiere
sdrucciola vino;

vino che rosso avanti il focolare
brilla, al fischiare della tramontana,
che giunge come un fragoroso mare
e s'allontana

simile a sogno (19): quando su le strade
volano foglie cui persegue (20) il cuore
simile a sogno; quando tutto cade,
stingesi, e muore.

Muore? Anche un sogno, che sognai! Germoglia
la scabra vite che il lichene ingromma:
spunta da un nodo (21) una lanosa foglia
molle di gomma.


1) Incrosta con macchie simili a quelle delle gomma.
2) Perchè i germogli sono circondati da un umore gommoso.
3) Inizia a germogliare.
4) Come se lo sviluppo delle gemme fosse una decisione dell'albero.
5) L'olmo screpolato.
6) Rami.
7) Che (si riferisce a "rame").
8) Delle foglie.
9) I rami dell'olmo.
10) Da qual sogno segreto.
11) Sorta di orchidea che fiorisce in primavera, quando torna a cantare il cuculo.
12) Profumo.
13) Perchè non è ancora maturo.
14) Nereggia.
15) Fumanti.
16) Perchè le piogge d'agosto gli assicureranno una ricca vendemmia. è un proverbio raccolto da Giusti: "Quando piove d'agosto, piove miele e piove mosto".
17) è il fruscio della fermentazione del mosto che sembra salutare l'autunno.
18) Frizza nel bicchiere.
19)  Il vento viene e si allontana rapido, come i sogni che ci investono e subito svaniscono.
20) Che insegue (si sovrappone l'immagine delle foglie portate dal vento e quella dei sogni che s'inseguono vanamente).
21) Un'escrescenza sul tralcio della vite.



Benedizione




Dopo i vespri, il parroco del paese passa per le strade, unendo tutti, buoni e cattivi, nella medesima benedizione.

è la sera: piano piano
passa il prete paziente,
salutando della (1) mano
ciò che vede e ciò che sente.

Tutti e tutto il buon piovano
benedice santamente;
anche il loglio, (2) là, nel grano;
qua, ne' fiori, anche il serpente.

Ogni ramo, ogni uccellino
sì del bosco e sì del tetto,
nel passare ha benedetto;

anche il  falco, anche il falchetto
nero in mezzo al ciel turchino,
anche il corvo, anche il becchino,
poverino,

che lassù nel cimitero
raspa raspa (3) il giorno intiero.


1) Con la.
2) Erba in cui si annida un fungo che la rende velenosa; è un ricordo di un famoso passo evangelico.
3) Scava le fosse.



Con gli angioli



In un crepuscolo primaverile una fanciulla cuce il suo abito di sposa e a un tratto sorride, forse per una sua gioia segreta. La poesia è ispirata a un detto romagnolo: quando qualcuno ride da sé senza ragione, gli si dice: "Ridi con gli angeli?"

Erano in fiore i lilla (1) e l'ulivelle; (2)
ella cuciva l'abito di sposa:

né l'aria ancora aprìa bocci di stelle, (3)
né s'era chiusa foglia di mimosa; (4)

quand'ella rise; rise, o rondinelle
nere, improvvisa: ma con chi? di cosa?

rise, così, con gli angioli; con quelle
nuvole d'oro, nuvole di rosa.


1) Arboscello con fiori violacei o bianchi, detto anche "serenella".
2) Arbusti con fiori rosei e bacche rosse.
3) Nel cielo non erano ancora comparse le prime stelle.
4) Una pianta le cui foglie, al calare della sera, si piegano come se si chiudessero.

Il mendico




Mangiando il suo tozzo di pane e bevendo acqua un mendicante li trasforma con la fantasia in carne e vino e muta lo squallore del luogo in un mondo quasi fiabesco. La lirica allude alla necessità dei sogni per velare l'amarezza del mondo.

Presso il rudere un pezzente
cena tra le due fontane:
pane alterna egli col pane, (1)
volti gli occhi all'occidente.

Fa un incanto nella mente:
carne è fatto, ecco, l'un pane.
Tra il gracchiare delle rane
sciala il mago sapiente.

Sorge e beve alle due fonti:
chiara beve acqua nell'una,
ma nell'altra un dolce vino.

Giace (2) e guarda: sopra i monti
sparge il lume della luna;
getta l'arti al ciel turchino, (3)
baldacchino
di mirabile lavoro,
ch'ei trapunta a stelle d'oro.


1) Non ha altro da mangiare che pane.
2) Si sdraia sull'erba.
3) Fa un sortilegio al cielo che trasforma in un baldacchino trapunto di stelle.



Mare



Il paesaggio marino allude al mistero che ci avvolge: ecco infatti che il moto e il sospiro delle onde, le stelle che nascono e tramontano, il soffio del vento e la luce della luna, quasi un ponte d'argento verso un mondo sconosciuto.

M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle (1), tremolano le onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde. (2)

Ecco sospira l'acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d'argento.

Ponte gettato sui laghi sereni, (3)
per chi dunque sei fatto e dove meni?


1) Sorgono e tramontano.
2) Un rapido brillo del cielo, un breve tremolio nell'acqua.
3) Distese d'acqua.

A nanna




Il chiacchierio dei bimbi sembra un'arnia ronzante finchè la nonna non racconta una novella: i nipotini a poco a poco si addormentano, ma nel sogno ritrovano il mondo incantato della fiaba.

Come un rombo d'arnia suona
tra il cricchiar (1) della mortella. (2)
Nonna, è detta la corona: (3)
nonna, or dì la tua novella.

Ella dice, ell'è pur buona,
la più lunga, la più bella:
- Sola (O Dio! bubbola e tuona!) (4)
sola va la reginella.

Ecco un lume, una stellina,
ma lontanamente, appare.
Via, conviene andare andare.

Va e va - Ma ciondolare
già comincia una testina;
due sonnecchiano; cammina (5)
che cammina,

e le (6) son tutte arrivate:
sono in collo delle fate.


1) Scricchiolare.
2) Mirto.
3) Abbiamo già recitato il rosario.
4) è il brontolio di un temporale che si avvicina.
5) Riferito al "Va e va": è la fiaba che ritorna nel sogno.
6) In correlazione a "testina": i bambini si addormentano e nel sogno giungono al mondo delle fate.



Il piccolo aratore




è quasi un indovinello in versi che continua nella lirica seguente: lo scolaretto che scrive è un piccolo aratore e come questo traccia faticosamente i solchi, così quello riga il foglio con le linee della scrittura. Allo stesso modo il ragazzo che legge (la poesia successiva "Il piccolo mietitore") diventa il contadinello che stringe in fasci le spighe, come il lettore raduna le parole nella frase. Le varie azioni del leggere e dello scrivere sono adombrate continuamente dalle diverse operazioni della mietitura e dell'aratura, con un virtuosismo ingegnoso.

Scrive... (la nonna ammira) : ara bel bello (1)
guida l'aratro (2) con la mano lenta;
semina (3) col suo piccolo marrello: (4)
il campo è bianco, (5) nera la sementa.(6)

D'inverno(7) egli ara: la sementa nera
d'inverno spunta, sfronza a primavera; (8)
fiorisce, ed ecco, il primo tuon di Marzo
rotola in aria, e il serpe esce dal balzo. (9)


1) Le linee della scrittura procedono come i solchi quando si ara.
2) La penna.
3) Traccia le lettere.
4) La marra che penetra la terra è il pennino che solca di segni la pagina.
5) La pagina su cui scrive è bianca; la sementa, ovvero le parole, sono tracciate con inchiostro nero.
6) L'inchiostro.
7) Lo scolaro studia tutto l'inverno e avrà i suoi frutti nella tarda primavera, alla conclusione dell'anno scolastico.
8) Mette gemme e fronde.
9) In primavera il ragazzo può uscire felice tra i campi.
Il Pascoli ha fuso due proverbi toscani: "Al primo tuon di marzo escono fuori tutte le serpi" e "Marzo, la serpe esce dal balzo".



Il piccolo mietitore




Legge... (la nonna ammira): ecco il campetto
bianco di grano nero in lunghe righe: (1)
esso tutt'occhi, con il suo falcetto (2)
a una a una miete quelle spighe;

miete, e le spighe restano pur quelle: (3)
miete e lega coi denti (4) le mannelle; (5)

e le mannelle di tra i denti suoi
parlano... come noi, meglio di noi. (6)


1) Il foglio bianco con le righe nere delle parole.
2) La lingua che pronuncia le parole.
3) Leggendo, le righe non si cancellano.
4) Pronuncia chiaramente.
5) Le mannelle sono un piccolo fascio di spighe; qui stanno a significare frasi formate da più parole.
6) Pronunciate dal bambino, le parole scrutano nella realtà più profondamente che nei discorsi degli adulti.

Nota di Lunaria: questo concetto, la "supremazia" dell'infanzia, o dell'adulto-bambino, nei confronti dell'età adulta si lega chiaramente al "Fanciullino" pascoliano, ma anche al concetto di Gesù, secondo il quale, per entrare nel regno dei cieli, bisogna essere come dei bambini.



Notte




A tarda notte, nel paese, molte ragazze stanno ancora lavorando all'arcolaio, sognando un mondo meraviglioso.

Siedon fanciulle ad arcolai ronzanti,
e la lucerna i biondi capi indora:

i biondi capi, i neri occhi stellanti, (1)
volgono alla finestra ad ora ad ora:

attendon (2) esse a cavalieri erranti
che varcano la tenebra sonora? (3)

Parlan d'amore, di cortesie, d'incanti:
così parlando aspettano l'aurora.

1) Luminosi come stelle.
2) Pensano sognando.
3) Per il galoppo dei cavalli.

Paese notturno



Nell'oscurità della notte, le cose assumono aspetti paurosi e sembrano diventare parvenze illusorie, anche la Luna che sorge rivela soltanto cupe figure. La lirica è pervasa da una tensione simbolica che alla fine culmina nell'immagine della sfinge, simbolo del mistero della vita, caro al gusto del Decadentismo.

Capanne e stolli (1) ed alberi alla luna
sono, od un tempio dell'antico Anubi, (2)
fosca rovina? Stampano una bruna
orma le nubi

su la campagna, e più profonda e piena
la notte preme (3) le macerie strane,
chiuse allo sguardo, (4) dove alla catena
uggiola un cane.

Ecco la falce d'oro (5) all'orizzonte:
due nere guglie (6) a man man dipinge,
indi non so che candido. Una fronte
bianca di sfinge?


1) I pali attorno a cui si accumula il fieno.  
2) Divinità egiziana che guidava i morti.
3) Grava.
4) Che nella notte non si possono distinguere.
5) Della Luna.
6) Come rivela la prima stesura, sono in realtà due cipressi.



Rammarico




Un momento di malinconia, al tramonto, fa pensare al Poeta che la vita è solo un passaggo dalla nascita alla morte, come il giorno è un breve periodo dall'alba al tramonto. Non resta che la nostalgia dei sogni giovanili e la consapevolezza che le speranze sono sempre destinate a svanire, come il sogno d'amore di Giulietta e Romeo.

Chi questo nuovo pianto in cuor mi pone?

Verso Occidente, (1) o dolce madre Aurora, (2)
da te lontano la mia vita è corsa.
Il cielo s'alza (3) e tutto trascolora;
passano stelle e stelle in lenta corsa;
emerge dall'azzurro la grand'Orsa,
e sta nell'arme fulgido Orione. (4)

Come più lieta la tua vista, (5) quando
un poco accenni delle rosee dita; (6)
e la greggia s'avvia scampanellando,
esce il bifolco e rauco i bovi incita,
canta lassù la lodola - apparita
ecco Giulietta, e piange, al suo balcone!- (7)


1) Verso il tramonto e simbolicamente verso la morte.
2) Datrice di vita, perchè indica il sorgere del sole, e con valore simbolico, la giovinezza.
3) Di sera, la volta del cielo sembra più fonda.
4) Nell'antica astrologia, la costellazione di Orione era rappresentata come un eroe armato.
5) Dell'aurora, dopo le tenebre della notte.
6) Epiteto omerico.
7) Il canto dell'allodola che annuncia il mattino, avverte Giulietta che è anche l'ora di separarsi da Romeo, e la fanciulla a quel canto si dispera.



Sogno



Il Poeta sogna di tornare a San Mauro e ritrova tutto come un tempo, quando era giovane e la famiglia era ancora unita; ma nel sogno la madre non gli appare. Sul ricordo si stende l'amarezza del presente, la coscienza che i famigliari sono morti e la stanchezza per il cammino troppo faticoso della vita: sogno e realtà si fondono con rapidi passaggi.

Per un attimo fui nel mio villaggio,
nella mia casa. Nulla era mutato.
Stanco tornavo, come da un viaggio;
stanco, al mio padre, ai morti, ero tornato.

Sentivo una gran gioia, una gran pena;
una dolcezza ed un'angoscia muta.
- Mamma? - è là che ti scalda un po' di cena -
Povera mamma! e lei, non l'ho veduta. (1)


1) Quando la madre morì, il Poeta era in collegio a Urbino.

I gattici




Guardando gli alberi spogli nella nebbia autunnale, il poeta pensa alla primavera: di tanta vivacità non restano che pioggia e vento e al posto dei fiori primaverili non c'è che il crisantemo, ornamento dei cimiteri. I sogni e le speranze giovanili sfioriscono rapidamente e ci rimane soltanto la morte; e come il vento d'autunno era lo stesso di primavera, così vita e morte, illusione e delusione sono ugualmente presenti nel corso dell'esistenza.

E vi rivedo, o gattici d'argento, (1)
brulli  in questa giornata sementina: (2)
e pigra ancor la nebbia mattutina
sfuma dorata (3) intorno ogni sarmento.

Già (4) vi schiudea le gemme questo vento
che queste foglie gialle ora mulina;
e io che al tempo allor gridai, Cammina,
ora (5) gocciare il pianto in cuor mi sento.

Ora, le nevi inerti sopra i monti,
e le squallide pioggie, e le lunghe ire
del rovaio (6) che a notte urta le porte,
e i brevi dì che paiono tramonti (7)
infiniti, e il vanire e lo sfiorire,(8)
e i crisantemi, il fiore della morte.(9)

1) I pioppi bianchi, le cui foglie nella pagina inferiore hanno riflessi argentei.
2) Adatta per la semina.
3) Per i riflessi del Sole.
4) In primavera.
5) D'autunno.
6) I soffi irosi del vento di tramontana.
7) Perchè sono nebbiosi, con una luce pallida come di tramonto.
8) Le cose sembrano dissolversi nella tristezza autunnale.
9) Perchè fioriscono verso il giorno dei Morti (2 novembre) e sono ornamento tradizionale delle tombe.



La siepe




Qualche bacca sui nudi ramicelli
del biancospino trema nel viale
gelido: il suol rintrona, (1) andando, quale
per tardi passi il marmo degli avelli.

Le pasce (2) il piccol re, (3) re degli uccelli
ed altra gente piccola e vocale. (4)
S'odono a sera lievi frulli d'ale,
via, quando giunge un volo di monelli.

Anch'io (5) ; ricordo, ma passò stagione;
quelle bacche a gli uccelli della frasca
invidiavo, (6) e le purpuree more,

e l'ala, i cieli, i boschi, la canzone:
i boschi antichi, ove una foglia casca,
muta, per ogni battito di cuore.


1) Il terreno gelido risuona sotto il piede quasi fosse cavo, come una tomba.
2) Se ne ciba.
3) Lo scricciolo, detto anche reattino o piccolo re.
4) I bambini.
5) Anche il Poeta correva un tempo felice tra gli altri ragazzi.
6) Contendevo, toglievo. Ha però anche il significato usuale di "invidiare".



Il nido



è un altro momento autunnale che prendo rilievo da pochi particolari: un nido vuoto, una piuma su un ramo scheletrito, il gemito del vento. Come l'esultanza della primavera s'è mutata nella tristezza dell'autunno, così le speranze e i sogni dell'uomo sono destinati a sfiorire, anche se non potremo mai rinunciare completamente ad essi.

Dal selvaggio (1) rosaio scheletrito
penzola un nido. Come, a primavera,
ne prorompeva empiendo la riviera (2)
il cinguettìo del garrulo convito! (3)

Or v'è sola una piuma, che all'invito (4)
del vento esita, palpita leggiera;
qual sogno antico in anima severa,
fuggente sempre e non ancor fuggito: (5)

e già l'occhio (6) dal cielo ora si toglie;
dal cielo dove un ultimo concento (7)
salì raggiando (8) e dileguò nell'aria;

e si figge alla terra, in cui le foglie
putride stanno, mentre a onde il vento
piange nella campagna solitaria.


1) Selvatico, non di giardino.
2) La riva del fiume.  
3) Il banchetto degli uccellini.
4) Al soffio.
5) Che sfiorisce rapidamente ma al quale non vi vorrebbe rinunciare.
6) Del Poeta che guarda la scena.
7) L'ultimo canto degli uccelli prima di emigrare.
8) Irradiandosi.



Il ponte



L'acqua che scorre sotto un ponte, mentre sorge la luna, lo indirizza al consueto simbolismo: la vita è come un fiume che da una sorgente ignota scorre verso una fine altrettanto ignota, e nel mormorio dell'acqua contro il ponte c'è come un pianto per l'oscurità del nostro destino.

La glauca (1) luna lista (2) l'orizzonte
e scopre i campi nella notte occulti
e il fiume errante. In suono di singulti
l'onda si rompe al solitario ponte.

Dove il mar, che lo chiama? e dove il fonte, (3)
ch'esita (4) mormorando tra i virgulti?
Il fiume (5) va con lucidi sussulti
al mare ignoto dall'ignoto monte. (6)

Spunta la luna: a lei sorgono intenti
gli alti cipressi dalla spiaggia triste,
muovendo (7) insieme come un pio sussurro.

Sostano, biancheggiando, le fluenti
nubi, a lei volte, che salìan non viste ( 8 )
le infinite scalèe del tempio azzurro. (9)


1) Celeste, tendente al verde.
2) Rileva i contorni dell'orizzonte.
3) La sorgente.
4) Sgorga lentamente, a intervalli, come se esitasse.
5) Qui è il corso dell'esistenza.
6) La foce è la morte e il monte con la sorgente diventa l'immagine della vita che nasce: morte e vita sono avvolte ugualmente dall'"ignoto".
7) Per il vento che li agita.
8) Perchè prima della Luna l'oscurità era più fonda.
9) Del cielo.



Al fuoco




Un vecchio che dorme accanto al fuoco e un ceppo che brucia nel focolare fanno un identico sogno, quello di tornare in un mondo di giovinezza, che per l'uno è rappresentato da un nugolo di bimbi, per l'altro dai fiori che l'adornavano quand'era parte di un albero. Ma il sogno si interrompe bruscamente e il ceppo continua a bruciare in un suo destino di morte, mentre il vecchio trova al suo risveglio un'amara solitudine.

Dorme il vecchio avanti i ciocchi.
Sogna un nuvolo di bimbi,
che cinguetta. Il cepo al foco
russa roco.(1)

Dorme anch'esso. A tutti i nocchi (2)
sogna grappoli e corimbi. (3)
Rosei pendono nell'aria solitaria.

Bianchi i bimbi tra il fogliame
su su, a quel roseo sorriso (4)
vanno. Il ceppo occhi di brace (5)
apre, e tace.

Ecco pendulo lo sciame (6)
dal grande albero improvviso,
su su. Il vecchio nel cor teme,
guarda e geme. (7)

Ogni bimbo al suo fiore alza
la mano e... scivola e va.
Sbarra il ceppo la pupilla:
crocchia e brilla. ( 8 )

E il vegliardo, al crocchiar, balza
nella rotta oscurità.
Gira lento gli occhi. Solo!
solo! solo!


1) è lo sfrigolio del legno che brucia, ma nel verbo è già l'immagine del verso successivo.
2) Nodosità degli alberi.
3) Insieme di piccoli fiori deposti come una specie di grappolo.
4) Lo splendore rosato dei fiori.
5) Riferimento dantesco: "Caron Dimonio, con occhi di bragia" (Inf. III, 109)
6) Di bambini che saliti sull'albero si protendono ai rami per coglierne i fiori.
7) Che i bimbi cadan dall'albero.
8) Scricchiola forte e manda fiamma.



Il lampo



Questa lirica e la seguente costituiscono due parti di uno stesso momento: l'inizio di un temporale, presentato dal libero aggregarsi di sensazioni acustiche e visive: dapprima è un silenzio pauroso dove il verso si riduce a macchia di colore ("Il lampo") poi le immagini richiamano il fragore del tuono e la parola si riduce spesso a puri valori fonici: il lampo che mostra la natura sconvolta diventa la rivelazioni della nostra realtà di dolore e il canto della madre che culla il bambino (nel "Tuono") rivela che sopra le tempeste della vita resta consolante l'amore.


E cielo e terra si mostrò qual era:

la terra ansante, (1) livida, in sussulto;
il cielo ingombro, (2) tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto (3)
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.


1) Come se respirasse con affanno
2) Di nuvole squarciate dal vento (quindi disfatto).
3) Perchè la bufera non è ancora scoppiata in tutta la sua violenza.
  

Il tuono




E nella notte nera come il nulla,
a un tratto, col fragor d'arduo dirupo (1)
che frana, il tuono rimbombò di schianto :
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto (2)
e poi vanì. Soave allora un canto
s'udì di madre, e il moto di una culla.


1) Alto e scosceso.
2) Risuonò più smorzato, come l'onda che si spezza sulla spiaggia e poi vi torna a battere più debole.

Lontana




Un canto lontano nello spazio, ma non tanto da non poter riconescere in esso parole d'amore; eppure così lontano nel tempo da diventare dolore e consapevolezza che ogni sogno è destinato a finire. La fonte è la "Sera del dì di festa" di Leopardi.

Cantare, il giorno, ti sentii: felice?
Cantavi; la tua voce era lontana:
lontana come di stornellatrice
per la campagna frondeggiante (1) e piana.

Lontana sì, ma io sentìa nel cuore
che quel lontano canto era d'amore:

ma sì lontana, che quel dolce canto,
dentro, nel cuore, mi moriva in pianto.


1) Ricca di fronte.

I ciechi




In un giorno di festa, alcuni mendicanti ciechi chiedono l'elemosina lungo una strada, ma la gente passa distratta e ad essi resta solo l'amarezza di sentire i passi e le voci che sopraggiungono e si dileguano indifferenti.

Siedono lungo il fosso, al solleone,
fuor dello stormeggiante paesello. (1)
Passa un trotto (2) via via tra il polverone,
una pesta, (3) un alterco, uno stornello:

e da terra (4) una grave salmodia
si leva, una preghiera, al loro cospetto.
- Il nostro pane - gemono via via:
il nostro, il nostro: tu, Gesù, l'hai detto. (5)


1) Da cui viene il suono delle campane a stormo.
2) Una carrozza con i cavalli al trotto.
3) Un rumore di passi.
4) Dove sono seduti i mendicanti.
5) Nella preghiera del "Padre nostro", Gesù ci invita a chiedere al Padre il nostro pane quotidiano; qui però c'è l'idea che il pane dovrebbe spettare di diritto a tutti gli uomini.



Dalla spiaggia




Sulla distesa del mare, quasi per un miraggio, appare un bianco colonnato e il mormorio delle onde sembra cantare la storia; ma è un attimo breve che lascia subito il posto a due barche nere come bare, e il mare sembra piangere lo sgomento di quella visione di morte.


C'è sopra il mare tutto abbonacciato (1)
il tremolare quasi d'una maglia; (2)
in fondo in fondo un ermo (3) colonnato,
nivee colonne d'un candor che abbaglia:

una rovina bianca e solitaria,
là dove azzurra è l'acqua come l'aria:

il mare nella calma dell'estate
ne canta (4) tra le sue larghe sorsate.

O bianco tempio, che credei vedere
nel chiaro giorno, dove sei vanito?
Due barche stanno immobilmente nere,
due barche in panna (5) in mezzo all'infinito.

E le due barche sembrano due bare
smarrite in mezzo all'infinito mare;

e piano il mare scivola alla riva
e ne sospira nella calma estiva.


1) In bonaccia.
2) Il brillio delle onde che riflettono il sole crea come un intreccio di fili luminosi.
3) Solitario.
4) Ne racconta la storia.
5) Immobili.



Notte di neve




Nell'ombra della notte si profila l'ombra di un cimitero coperto di neve, mentre un suno di campane si muta in un'invocazione di pace.

Pace! grida la campana,
ma lontana, fioca. (1) Là

un marmoreo cimitero (2)
sorge, su cui l'ombra tace:
e ne sfuma al cielo nero
un chiarore ampio e fugace.
Pace! pace! pace! pace!
nella bianca oscurità. (3)


1) Perchè il suono è soffocato dalla neve.
2) La neve è bianca come il marmo.
3) L'oscurità non è completa per il chiarore della neve.

Nevicata




Nevica: l'aria brulica di bianco;
la terra è bianca; neve sopra neve:
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco: (1)
cade (2) del bianco con un tonfo lieve.

E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera:
passano bimbi: un balbettìo di pianto;
passa una madre: passa una preghiera.


1) Il soffio del vento.
2) Dagli alberi.

Notte dolorosa




Si muove il cielo (1), tacito e lontano:

la terra dorme, e non la vuol (2) destare;
dormono l'acque, i monti, le brughiere.
Ma no, ché sente sospirare il mare,
gemere sente le capanne nere:
v'è dentro un bimbo che non può dormire:
piange; e le stelle passano piano piano.


1) Sorgono e tramontano le stelle.
2) Il soggetto è il cielo.

Notte di vento




La lirica allude all'assenza, alla morte di qualcuno che ha lasciato il poeta nella solitudine e gli ha reso più triste e cupa una notte di vento, per questo la bufera si muta in voce di spettri o di grida misteriose, mentre le interrogazioni dell'ultima strofa sottolineano la presenza della morte di fronte all'uomo ch'è solo e senza conforto. è molto probabile l'influsso del "Corvo" di Poe.

Allora sentii che non c'era,
che non ci sarebbe mai più...
La tenebra vidi più nera,
più lugubre udii la bufera...
uhh...uuuh...uuuh...

Venìa come un volo di spetri,
gridando ad ogni émpito (1) più:
un fragile squillo di vetri (2)
seguiva quelli ululi tetri...
uuh...uuuh...uuuh...

Oh! Solo (3) nell'ombra che porta
quei gridi... (chi passa laggiù?)
Oh! solo nell'ombra già morta
per sempre... (chi batte alla porta?) (4)
uuh...uuuh...uuh...



1) Soffio di vento.
2) Spazzati dal vento.
3) è il Poeta.
4) Nella morte eterna, nell'oscurità della morte.



La baia tranquilla




La baia è l'immagine di una sicurezza che dia pace alla vita, e assieme allude alla morte, l'ultima pace, sintetizzata da cipressi neri su un poggio, dove c'è forse un cimitero.

Getta l'ancora, amor mio:
non un'onda in questa baia.
Quale assiduo sciacquìo
fanno l'acque tra la ghiaia!

Vien dal lido solatìo,
vien di là dalla giuncaia, (1)
lungo vien come un addio,
un cantar di marinaia.

Tra le vetrici (2) e gli ontani
vedi un fiume luccicare;

uno stormo di gabbiani
nel turchino biancheggiare;
e sul poggio, più lontani,
i cipressi neri stare.

Mare! mare!
dolce là, dal poggio azzurro,
il tuo urlo e il tuo sussurro.


1) Terreno acquitrinoso coperto di giunchi.
2) I salici.



Il bacio del morto




In una lettera non datata ad Orvieto, Pascoli scriveva a chiarimento di questa poesia: "Quando la notte si ha la febbre e la mattina ci troviamo un fignolo [infiammazione] sui labbri, noi diciamo che fu il bacio di un morto. Di chi?". In questa lirica è una presenza femminile che, in sogno, piange accanto al poeta, lo bacia e scompare, lasciando nelle cose il senso di un mistero incombente.

I

è tacito, è grigio il mattino;
la terra ha un odore di funghi;
di gocciole è pieno il giardino.

Immobili tra la leggiera
caligine gli alberi: lunghi
lamenti di vaporiera. (1)

I solchi (2) ho nel cuore, i sussulti,
d'un pianto sognato: parole,
sospiri avanzati (3) ai singulti:

un solco (4) sul labbro, che duole.


II

Chi sei, che venisti, coi lievi
tuoi passi, da me nella notte?
Non so; non ricordo: piangevi.

Piangevi: io sentii per il viso
mio piangere fredde, dirotte,
le stille dall'occhi tuo fiso

su me: io sentii che accostavi
le labbra al mio labbro a baciarmi;
e invano volli io levar gravi.

le palpebre: gravi: due marmi.


III

Chi sei? donde vieni? presente
tuttora? (5) mi vedi? mi sai? (6)
e lacrimi tacitamente?

Chi sei? Trema ancora la porta. (7)
Certo eri di quelli che amai,
ma forse non so che sei morta...

Né so come un'ombra d'arcano,
tra l'umida nebbia leggiera,
io senta in quel lungo lontano

saluto di vaporiera.


1) Locomotiva.
2) La traccia di un sogno doloroso.
3) Seguiti al molto piangere.
4) Un'infiammazione.
5) Mi sei ancora vicina?
6) Mi conosci?
7) Perchè il fantasma è appena uscito.



La notte dei Morti






Nella ricorrenza dei morti il 2 novembre, si recitano attorno al focolare le preghiere per i defunti, mentre nel silenzio dei campi mormora un fiume. In quel momento il poeta ascolta la voce dei morti: chi ora è morto, un tempo era vivo e pregava per altri morti che pure un giorno furono vivi. Il corso del fiume diventa l'immagine della vita che si spegne inevitabilmente nella morte.


I

La casa è serrata; ma desta:
ne fuma alla luna il camino.
Non filano o torcono: è festa.

Scoppietta il castagno, il paiolo
borbotta. Sul desco c'è il vino,
cui (1) spilla (2) il capoccio (3) da solo.

In tanto essi pregano al lume
del fuoco: via via la corteccia (4)
schizza arida (5)... Mormora il fiume

con rotto fragore di breccia (6) ...


II

è forse (io non odo (7) : non sento
che il fiume passare, portare
quel murmure al mare) d'un lento

vegliardo la tremula voce
che intuona il rosario, e che pare
che venga da sotto una croce,

da sotto un gran peso; da lunge. (8)
Quei poveri vecchi bisbigli
sonora una romba raggiunge (9)

col trillo dei figli de' figli.


III

Oh! i morti! Pregarono anch'essi, (10)
la notte dei morti, per quelli
che tacciono sotto i cipressi.


Passarono... O cupo tinnito
di squille (11) dagli ermi castelli!
o fiume dall'inno infinito! (12)

Passarono... Sopra la luna
che tacita sembra che chiami,
io vedo passare un velo, una

breve ombra, ma bianca, di sciami. (13)



1) Che.
2) Versa.
3) è il capo del nucleo famigliare contadino.
4) Della legna che brucia.
5) Prosciugata dal calore.
6) Pietrisco.
7) Il Poeta che passa non sente distintamente le parole di chi prega, ma soltanto un mormorio di voci che si confonde col mormorio del fiume.
8) La voce è soffocata perchè viene da una tomba.
9) Alle parole del vecchio segue il rumore confuso dei famigliari che secondano la preghiera.
10) Quando erano vivi.
11) Suono di campane.
12) L'incessante mormorio dell'acqua.
13) Le ombre dei defunti che salgono al cielo.



I due cugini






I


Si amavano i bimbi cugini.
Pareva, un incontro di loro,
l'incontro di due lucherini: (1)

volavano. Nell'abbracciarsi
i tòcchi (2) cadevano, e l'oro
mescevano i riccioli sparsi.

Poi, l'uno appassì, come rosa
che in boccio appassisce nell'orto;
ma l'altra la piccola sposa

rimase del piccolo morto. (3)


II


Tu, piccola sposa, crescesti:
man mano intrecciavi i capelli, (4)
man mano allungavi le vesti.

Crescevi sott'occhi che negano
ancora (5); ed i petali snelli (6)
cadevano: il fiore già lega.(7)

Ma l'altro non crebbe. Dal mite
suo cuore, ora, senza perchè,
fioriscono le margherite

e i non ti scordare di me. (8)



III


Ma tu... ma tu l'ami. Lo vedi,
lo chiami. La senti da lunge
la fretta dei taciti piedi...(9)

Tu l'ami, egli t'ama tuttora;
ma egli col capo non giunge (10)
al seno tuo nuovo, che ignora. (11)

Egli esita: avanti la pura
tua fronte ricinta d'un nimbo, (12)
piangendo l'antica sventura (13)

tentenna il suo capo di bimbo.



1) Il paragone deriva da un passo dell'"Ornitologia Toscana" del Savi che descrive i costumi affettuosi degli uccellini chiamati lucherini.
2) I berretti.
3) L'amore giovanile continua dopo la morte.
4) Da bimbi li portavano sciolti.
5) Davanti agli occhi dei genitori che non vorrebbero vedere i figli crescere tanto in fretta.
6) I riccioli dell'adolescenza.
7) Sta per trasformarsi in frutto e quindi i petali cadono (la bimba sta crescendo).
8) Sulla tomba.
9) Come se ancora il bambino le corresse incontro.
10) Perchè è rimasto bambino.
11) Quando il bimbo era vivo, la fanciulla non era ancora sviluppata.
12) Di molti riccioli.
13) La morte.



Placido






Placido David era un cuginetto del Pascoli che morì di meningite a Sogliano, nel 1894, a 14 anni. Giovanni e Maria erano subito accorsi, ma al loro arrivo, il ragazzo era già morto. La tristezza di quel momento è rievocata dal Poeta attraverso particolari come la quiete del paese in contrasto con l'angoscia dell'animo, il silenzio del cimitero approfondito dal cupo ronzio di un insetto, le croci solitarie, la terra smossa della tomba, e il pensiero della morte è reso più straziante dai gridi festosi dei bimbi che vangono da lontano.


I

Io dissi a quel vecchio,(1) "Dove?" Io
cercava un fanciullo mio buono,
smarrito: il mio Placido: mio!

Cercavo quelli occhi (...un cipresso?) (2)
co' quali chiedeva perdono
di vivere, d'esserci anch'esso.

Cercavo. Ero giunto. Era quello
per certo il paese azzurrino
suo: monti, una selva, un castello,

poi monti: più su, San Marino.


II

Nel chiuso (... una croce?) noi soli
tre s'era: non c'era altro fiore
che l'oro di due girasoli.

Nel chiuso (3) non c'era altra voce,
rammento, che il cupo stridore
d'un fuco (4) ronzante a una croce;

e qualche fruscìo di virgulto
al passo del vecchio, che aveva
le chiavi; e d'un tratto, un singulto

di lei: di Maria, che piangeva.



III

E in fine, guardandosi attorno,
"Qui" (5) disse quell'uomo. A Sogliano
la torre sonò mezzogiorno.

Stridevano gli usci, i camini
fumavano tutti: lontano
s'udiva un vocìo di bambini.

E lui? "Qui" mi disse: "Non vede?"
Io vidi: tra il grigio becchino
e noi, vidi un nero, al mio piede,

di terra ah! scavata il mattino!



1) è il vetturino della diligenza. Il Poeta gli domanda se Placido è ancora a casa sua, oppure se è già al cimitero.
2) Il cipresso è simbolo della morte.
3) Nel recinto del cimitero.
4) Il maschio dell'ape.
5) è sepolto qui.



La sirena






Il fischio di una nave che si allontana diventa il canto di sirene lusingatrici. Ma l'emigrante che parte e vede scomparire i luoghi più cari torna col pensiero ai luoghi domestici, con la consapevolezza che niente può pagare la felicità delle piccole cose quotidiane.

La sera, fra il sussurrìo lento
dell'acqua che succhia la rena, (1)
del mare nebbioso un lamento
si leva: il tuo canto, o Sirena.

E sembra che salga, che salga,
poi rompa in un gemito grave.
E l'onda sospira tra l'alga,
e passa una larva di nave: (2)

un'ombra di nave che sfuma
nel grigio, ove muore quel grido;
che porta con sé, nella bruma,
dei cuori che tornano al lido: (3)

al lido che fugge, che scese (4)
già nella caligine, via;
che porta via tutto, (5) le chiese
che suonano l'avemaria,

le case che su per la balza
nel grigio traspaiono appena,
e l'ombra del fumo che s'alza
tra forse il brusìo della cena.


1) Trascina via.
2) Fantasma di nave, tra la nebbia.
3) Dei cuori che ritornano col desiderio della terra che hanno lasciato. Il Nava ricorda le famose terzine dantesche: "Era già l'ora che volge il desio..." (Purg. VIII 1-6)
4) è avvolto nella nebbia.
5) Impedisce di vedere, perchè è troppo lontano dalla nave.



Piano e monte





Al crepuscolo i monti si oscurano e la vita si anima nelle case del paese, al fondo della valle. La consueta ambivalenza di vita e morte, nel contrasto fra la quiete operosa del paese e la solitudine dei monti, dove il grido della civetta diventa come un presagio di dolore: l'unico rifugio è ancora il nido famigliare.

Il disco, grandissimo, pende (1)
rossastro in un latte d'opale: (2)
e intaglia (3) le case ed accende
i lecci nel nero viale;

che fumano, come foreste,
di polvere gialla e vermiglia: (4)
s'annuvola in rosa e celeste (5)
quel botro color di conchiglia. (6)

Qua lampi di vetri, (7) qua lente
cantate, qua grida confuse:
là placido il muto oriente (8)
nell'ombra dei monti si schiuse.

Si vedono opache le vette,
è pace e silenzio tra i monti:
un breve squittir di civette,
un murmure lungo di fonti:

via via con fragore interrotto (9)
si serra la casa tranquilla:
è chiusa: nel bianco salotto
la tacita lampada brilla.


1) è il Sole.
2) Tra la nebbia lattiginosa e iridiscente.
3) Fa risaltare.
4) Per la nebbia che s'alza da terra, dorata dal Sole.
5) Si riempie di nuvole tinte dei colori del tramonto.
6) Precipizio. (La volta del cielo è come un precipizio rovesciato)
7) Per il sole che vi si riflette.
8) Perchè vi si è spento anche l'ultimo chiarore del sole.
9) Delle porte e delle finestre che si chiudono.



Il cuore del cipresso







I


O cipresso, che solo e nero stacchi (1)
dal vitreo (2) cielo, sopra lo sterpeto
irto di cardi e stridulo di biacchi: (3)

in te sovente, al tempo delle more,
odono i bimbi un pispillìo secreto, (4)
come d'un nido che ti sogni in cuore. (5)

L'ultima cova. Tu canti (6) sommesso
mentre s'allunga (7) l'ombra taciturna
nel tristo campo: quasi, ermo cipresso,
ella (8) ricerchi tra que' bronchi (9) un'urna. (10)


II

Più brevi i giorni, e l'ombra ogni dì meno
s'indugia e cerca, irrequieta, al sole; (11)
e il sole è freddo e pallido il sereno.

L'ombra, ogni sera prima, entra nell'ombra: (12)
nell'ombra ove le stelle errano sole.
E il rovo arrossa e con le spine ingombra

tutti i sentieri, e cadono già roggie
le foglie intorno (indifferente oscilla
l'ermo cipresso), e già le prime pioggie
fischiano, ed il libeccio (13) ulula e squilla.


III


E il tuo nido? il tuo nido?... Ulula forte
il vento e t'urta e ti percuote a lungo:
tu sorgi, e resti; simile alla Morte.

E il tuo cuore? il tuo cuore? ... Orrida trebbia (14)
l'acqua i miei vetri, e là ti vedo lungo,
di nebbia nera tra la grigia nebbia. (15)

E il tuo sogno? La terra ecco scompare:
la neve, muta a guisa dal pensiero,
cade. Tra il bianco e tacito franare (16)
tu stai, gigante immobilmente nero.



1) Risalti nel cielo.
2) Nitido e freddo come il vetro.
3) Serpenti non velenosi che vivono nelle macchie ed emettono un sibilo stridente.
4) Un bisbiglio di uccelli appena nati.
5) Il bisbiglio era lieve come fosse in un sogno, non reale.
6) Con lo stormire delle fronde e il pigolio degli uccelli.
7) Inoltrandosi l'autunno, il sole è sempre più basso sull'orizzonte.
8) è l'ombra.
9) Sterpaglia.
10) Una tomba.
11) In autunno il sole tramonta prima che in estate e l'ombra delle cose sparisce più presto.
12) L'ombra del cipresso è assorbita dall'ombra della sera.
13) Vento di sud-est.
14) Batte furiosamente.
15) Quasi indistinto come un nero fantasma.
16) Il fitto cadere della neve, simile a una frana del cielo.



Fior d'acanto






L'acanto è un fiore amaro e spinoso: sdegnato dalla superba ape comune, è invece cercato dall'umile ape legnaiola, che vi trae il nettare per il suo miele.


Fiore di carta rigida, (1) dentato
i petali di fini aghi (2), che snello
sorgi dal cespo, come un serpe alato
da un capitello; (3)

fiore che ringhi dai diritti scapi
con bocche tue di piccoli ippogrifi; (4)
fior del Poeta! industria te d'api
schifa, e tu schifi. (5)

L'ape te sdegna, piccola e regale;
ma spesso io vidi l'ape legnaiola (6)
celare il corpo che riluce, quale
nera viola,

dentro il tuo duro calice, e rapirti
non so che buono, che da te pur viene
come le viti di tra i sassi e i mirti
di tra l'arene.

Lo sa la figlia del pastor, che vuoto (7)
un legno fende e lieta pasce quanto
miele le giova: il tuo nettare ignoto,
fiore d'acanto.



1) Rigido come la carta, dura.
2) Con i petali dentati.
3) Secondo Vitruvio, l'acanto, con la forma delle sue foglie, diede allo scultore Callimaco l'idea del capitello corinzio.
4) Perchè il fiore dell'acanto è simile a una bocca strana (l'ippografo è un mitico cavallo alato) che ringhia. Gli scapi sono gli steli che reggono i fiori, senza le foglie.
5) L'operosità delle api comuni ti respinge.
6) Tipo di ape più piccola di quella comune: scava gallerie nel legno degli alberi e vi fabbrica le cellette per il miele.
7) Scavato dalle api.



Nel giardino







è un momento crepuscolare che all'inizio propone le consuete immagini simboliche: come il bocciolo di primavera s'è mutato nelle bacche d'autunno, e come le foglie di marzo in ottobre cadono secche, così la vita è un moto incessante verso la morte; e come il crepuscolo dell'alba somiglia a quello del tramonto e i colori di primavera a quelli dell'autunno, così morte e vita si sovrappongono nel corso dell'esistenza. Relativamente inattesa la conclusione, del resto aggiunta in un secondo momento.

Nel mio giardino (1), là nel canto oscuro
dove ora il pettirosso tintinnìa,
col gelsomino rampicante al muro,
c'è la gaggìa; (2)

e or che ottobre (3) dentro la vermiglia (4)
foresta il marzo rende morto al suolo,
e sembra marzo, come rassomiglia
bacca a bocciuolo,(5)
alba a tramonto; nelle tenui trine (6)
l'una si stringe, (7) al roseo vespro, quando
l'altro (8) i suoi fiori, candide stelline,
apre, alitando, (9)

ed al sospiro dell'avemaria,
quando nel bosco dalle cime nude
il dì s'esala, (10) il cuore in una pia
ombra si chiude; (11)

e l'anima in quell'ombra di ricordi
apre corolle che imbocciar non vide; (12)
e l'ombra di fior d'angelo (13) e di fior di
spina sorride. (14)


1) è il giardino della casa che il Pascoli abitava a Livorno.
2) Arbusto con fiori gialli profumati.
3) L'autunno fa morire al suolo le foglie nate in primavera.
4) Per i colori delle foglie d'autunno.
5) I colori autunnali assomigliano a quelli primaverili, come assomiglia il frutto al fiore.
6) Le foglie della gaggia sembrano formare una trina.
7) Le foglie al tramonto si chiudono su se stesse.
8) Il gelsomino.
9) Esalando il profumo.
10) Il giorno sembra dileguare dalle cime degli alberi che ricevono l'ultima luce.
11) è l'ombra, il tepore dei ricordi famigliari.
12) L'anima apre "Fiori" (sensazioni o sentimenti) di cui non vide formarsi il bocciolo (di cui non conosce le fonti).
13) Arbusto delle sassifraghe, dai fiori bianchi e profumati.
14) è incerto se si tratta del biancospino (in toscano appunto "fior di spina") o della gaggia (per le spine acute).



Nel parco






Certo il signore, e la chiomata moglie, (1)
partì pe' campi, ché già il tordo zirla: (2)
muto, tra un'ampia musica di foglie
(dolce sentirla

d'autunno, a tarda notte, se il libeccio (3)
soffia con lunghi fremiti sonori),
muto è il palazzo. S'ode un cicaleccio (4)
di tra gli allori;

un cicaleccio donde acuti appelli
s'alzano come strilli di piviere (5) :
il gatto è fuori (6) : ruzzano i monelli
del giardiniere.

Torvo, aggrondato, il candido palazzo
formicolare a' piedi suoi li mira;
e sì n'echeggia (7) un cupo, a quel rombazzo,
battito d'ira;

ma non s'adira il giovinetto alloro,
il leccio, il pioppo tremulo ed il lento
salice: a prova (8) corrono con loro;
cantano al vento.


1) L'avvocato Mario Racah che aveva affittato al Pascoli la casa di Livorno. La Signore è chiomata, ovvero dai capelli folti, a imitazione degli epiteti omerici.
2) Il verso del tordo.
3) Vento di sud-est.
4) Il cinguettio degli uccelli.
5) Piccolo uccello di palude.
6) Il padrone di casa manca e i bambini possono giocare tranquillamente nel parco.
7) Al chiasso dei bambini (rombazzo) risponde un'eco cupa nel palazzo vuoto come un iroso brontolio.
8) Quasi a gara con i ragazzi.



Rosa di macchia






La lirica contrappone la vistosa rosa centofoglie alla più umile rosa canina: la prima è colta da tutti che se ne vogliono adornare, e quindi lascerà triste e spoglio il rosaio; la seconda, quasi ignorata, potrà maturare e trasformarsi nei frutti che in inverno allieteranno la pianta di lucide bacche. Alla fine risuona un altro motivo: la fanciulla che all'alba scende lieta il sentiero e che alla sera lo risale muta, diventa l'immagine dei sogni giovanili che la vita finirà per spegnere.

Rosa di macchia, che dall'irta (1) rama
ridi non vista a quella montanina, (2)
che stornellando (3) passa e che ti chiama
rosa canina;

se sottil mano i fiori tuoi non coglie,
non ti dolore della tua fortuna:
le invidiate rose centofoglie
colgano (4) a una

a una: al freddo sibilar del vento
che l'arse foglie a una a una stacca,
irto il rosaio dondolerà lento
senza una bacca;

ma tu di bacche brillerai nel lutto (5)
del grigio inverno; al rifiorir dell'anno
i fiori nuovi a qualche vizzo frutto (6)
sorrideranno:

e te, col tempo, stupirà cresciuta (7)
quella che all'alba svolta già leggiera
col suo stornello, e risalirà muta,
forse, una sera.


1) Spinosa.
2) Ragazza di montagna.
3) Cantando stornelli.
4) Mani indeterminate colgono le rose centofoglie.
5) Nella cupa atmosfera.
6) Rimasto dall'anno precedente.
7) La "montanina" si stupirà trovandoti cresciuta.



Pervinca






So perchè sempre ad un pensier di cielo (1)
misterioso il tuo pensier s'avvinca,
sì come stelo tu confondi a stelo, (2)
vinca (3) pervinca;

io ti coglieva (4) sotto i vecchi tronchi
nella foresta d'un convento oscura,
o presso l'arche, tra vilucchi (5) e bronchi, (6)
lungo la mura.

Solo tra l'arche (7) errava un cappuccino;
pareva spettro da quell'arche uscito,
bianco la barba e gli occhi d'un turchino
vuoto,(8) infinito;

come il tuo fiore; e io credea vedere
occhi di cielo, dallo sguardo fiso,
d'anacoreti, allo svoltar, (9) tra nere
ombre, improvviso;

e il bosco alzava, al palpito del vento,
una confusa e morta salmodia, (10)
mentre squillava, grave, dal convento
l'avemaria.


1) Per il suo colore azzurro, il pensiero della pervinca si lega a un pensiero di cielo.
2) I rami striscianti della pianta si aggrovigliano tra loro.
3) Altro nome della pervinca.
4) è un ricordo delle passeggiate, compiute negli anni di Urbino, nel bosco del convento dei Cappuccini. Nel 1901, il Pascoli scriveva: "Io prediligeva i Cappuccini col bosco di pervinche, che per noi erano viole senza odore."
5) Piante rampicanti con fiori bianchi.
6) Sterpaglia.
7) Tombe monumentali di pietra. Il Pascoli abbina il colore della pervinca agli occhi del frate.
8) Privo di espressione.
9) Quando alla curva di un sentiero  mi imbattevo in quel fiore.
10) Il fruscio smorzato delle foglie.



Il dittamo






In una nota manoscritta il Pascoli indica la fonte di questa lirica in un passo di Cicerone e in alcuni versi di Virgilio, nei quali è descritta la pianta del dittamo e se ne mostrano le virtù medicinali.

Dittamo (1) nato dall'umile finestra,
donde per Corpus Domini sorrisi
alla soave tra fior di ginestra
e fiordalisi

processione; io so di te, che immensa
virtù possiedi ne' chiomanti capi, (2)
cespo lanoso ed olezzante, mensa
ricca dell'api.

Te, con la freccia tremolante al dosso, (3)
cerca nei monti il daino selvaggio,
farmaco certo - di lui segue un rosso
rigo (4) il viaggio-

Dittamo blando per la mia ferita
l'avete, (5) o balze degli aerei monti,
dove nell'alto piange la romita
culla dei fonti? (6)

Bianche ai dirupi pendono le capre; (7)
l'aquila passa nera e solitaria;
sibila (8) l'erba inaridita; s'apre,
sotto il pie', l'aria. (9)


1) Piccola pianta dai fiori bianchi o rossi; qui è in un vaso, al davanzale di una finestra.
2) Si diceva che l'infuso di dittamo potesse guarire anche le ferite più gravi. I "Chiomanti capi" è il virgiliano "Caulem comantem" (Eneide XII, 413) per alludere al grappolo di fiori in cima allo stelo, come una folta chioma.
3) La freccia di un cacciatore.
4) Di sangue.  
5) Rimedio per le ferite del mio cuore.
6) La sorgente solitaria da cui l'acqua esce gorgogliando ("piange").
7) Anche questa immagine è virgiliana.
8) Scricchiola.
9) Il vuoto di uno strapiombo.



Edera fiorita






L'ornello variopinto di fiori non si è sentito umiliato ad accogliere l'edera che chiedeva un sostegno; così nell'inverno, quando l'albero è spoglio, l'edera lo ricompensa coprendolo a sua volta di foglie e fiori che sembrano creare un'illusione di primavera. Ettore Toci, cui la poesia è dedicata, fu un grande amico del Pascoli.

Quando di maggio, tu le dolci sere
imbalsamavi (1) co' tuoi fiorni, ornello, (2)
(era un sussurro (3) alle finestre nere
del paesello!) ;

non ti rincrebbe d'un infermo (4) arbusto
che, mosso anch'egli da dolcezza estiva,
con le sue foglie, come cuori (5), al fusto
lento saliva.

Non ti rincrebbe. Ed ora che gelata
la tramontana soffia, e che traspare
già dalle porte chiuse la fiammata
del focolare;

ora che il verno spoglia le foreste
e le tue foglie per le vie disperde;
o vecchio ornello, te ricopre e veste
l'edera verde.

Sui rami nudi i fiori suoi ti pone,
tra verdi e gialli, piccoli, com'era
la tua fiorita morta (6) : illusione
di primavera.


1) Riempivi del profumo dei fiori.
2) Albero simile al frassino.
3) Delle persone che vanno a chiacchierare.
4) Perchè l'edera non si regge da sola, ha bisogno di un sostegno.
5) A forma di cuori.
6) I fiori dell'ornello scomparsi con la cattiva stagione.


Viole d'inverno









Come per il sotterraneo calore di una fonte termale spuntano le viole tra il gelo invernale, così la fantasia del poeta conserva un segreto calore tra i dolori e gli odi della vita.

- D'onde,(1) o vecchina, queste violette
serene come un lontanar di monti
nel puro occaso?(2) Poi che il gelo ha strette (3)
tutte le fonti;

il gelo brucia dalle stelle, (4) o nonna,
ogni foglia, ogni radica, ogni zolla -
- Tiepida, sappi, lungo la Corsonna (5)
geme una polla. (6)

Là noi sciacquiamo il candido bucato
nell'onda calda in mezzo a nevi e brine;
e il poggio è pieno di viole, e il prato
di pratelline (7) -

Ah!... ma, poeta, non ancor (8) nel pio
tuo cuore è l'onda (9) che discioglie il gelo?
non è la polla, calda nell'oblio
freddo del cielo? (10)

Ché sempre, se ti agghiaccia la sventura,
se l'odio altrui ti spoglia e ti desola,
spunta, al tepor dell'anima tua pura,
qualche viola. (11)


1) Di dove porti?
2) Le viole hanno il colore dei monti che al tramonto sfumano lontano nel cielo limpido.
3) Ha gelato.
4) L'avvicendarsi delle stagioni era riferito, in campagna, al muoversi delle costellazioni; per questo il gelo invernale sembra provenire dalle stelle.
5) Un torrentello tra Castelvecchio e Barga.
6) Sgorga una sorgente termale.
7) Margheritine dei campi.
8) Anche.
9) L'impulso vitale della fantasia e dell'ispirazione.
10) Tra l'indifferenza gelida del mondo.
11) La fantasia, l'ispirazione.



Il castagno






La lirica tesse le lodi del castagno che mette tardi le foglie e i fiori, ma poi offre un'ombra soave a ai primi freddi "dona i dolci ai poveri, il cibo ai lavoratori, la legna al focolare, il letto alle bestie". Francesco Pellegrini, cui il poemetto è dedicato, fu un collega del Poeta, insegnante all'Accademia navale di Livorno.

I

Quando sfioriva e rinverdiva il melo, (1)
quando s'apriva il fiore del cotogno,
il greppo, (2) azzurro, somigliava un cielo
visto nel sogno;

brullo (3) io te vidi; e già per ogni ripa
erano colte tutte le viole,
tu lasciavi ai cesti ed alla stipa
tutto il tuo sole; (4)

e, pio castagno, i rami dalla bruma
ancora appena e dal nevischio vivi, (5)
a mano a mano d'una lieve spuma
verde (6) coprivi.

Ma poi, vedendo sotto il fascio greve
le montanine tergersi la fronte,
tu che le sai (7) da quando per la neve
scendono il monte, (8)

ecco, pietoso tu di lor, tessesti
lungo i torrenti, all'orlo dei burroni,
una fredda ombra, che gemé di mesti
cannareccioni.(9)
 


1) Le foglie del melo spuntano in maggio quando già cadono i fiori.
2) Il pendio della collina, coperto di fiori azzurri.
3) Il castagno fiorisce a giugno inoltrato, dopo gli altri alberi.
4) Non avendo ancora le foglie, non poteva trattenere il sole, che così poteva illuminare, ai suoi piedi, i ciuffi d'erba (cesti) e gli arbusti (stipa).
5) Sopravvissuti.
6) Le prime gemme.
7) Le hai conosciute.
8) Lasciano i pascoli montani per trasferirsi nei paesi del fondovalle.
9) Uccelli che vivono di preferenza sulle rive dei fiumi, dal verso forte e malinconico.


II

E qualche cosa già nell'aspro cardo
chiuso ascondevi, (10) come l'avo buono
che nell'irsuta mano cela un tardo (11)
facile dono.

Ai primi freddi, quando il buon villano
rinumerò (12) tutti i suoi bimbi al fuoco;
e con lui lungamente il tramontano
brontolò roco;

e tu quei cardi, in mezzo alle procelle,
spargesti sopra l'erica ingiallita,
e li schiudevi per pietà di quelle
povere dita...

Tutti spargesti i cardi irti e le fronde
fragili, e tutto portò via festante
la grama turba (13). Nudo con le monde (14)
rame, o gigante,

stavi, e vedevi tu la vita e il melo
vestiti d'oro e porpora (15) al riflesso
già delle nevi, e per lo scialbo (16) cielo
nero il cipresso.


10) Nei ricci spinosi nascondeva le castagne.
11) Perchè lo farà desiderare a lungo, anche se il dono è in realtà facile da ottenere.
12) Riunì.
13) La povera gente.
14) I rami spogli.
15) Per le foglie rossastre dell'autunno.
16) Pallido.


III

Per te i tuguri sentono il tumulto (17)
or del paiolo che inquieto oscilla; (18)
per te la fiamma sotto quel singulto (19)
crepita e brilla:

tu, pio castagno, solo tu, l'assai (20)
doni al villano che non ha che il sole;
tu solo il chicco,(21) il buon di più, tu dài
alla sua prole;

ha da te la sua bruna vaccherella
tiepido il letto (22) e non desìa la stoppia;
ha da te l'avo tremulo la bella
fiamma che scoppia.

Scoppia con gioia stridula la scorza
de' rami tuoi, co' frutti tuoi la grata
pentola brontola. Il vento fa forza
nell'impannata.

Nevica su le candide montagne,
nevica ancora. Lieto è l'avo, e breve
augura, e dice: tante più castagne,
quanta più neve. (23)



17) Il brontolio dell'acqua che bolle per cuocere le castagne.
18) Attaccato alla catena sopra il fuoco del camino.
19) Il sussultare del paiolo.
20) Quanto basta.
21) Le castagne sono come un dolce quasi superfluo ("il buon di più") per i bimbi poveri del montanaro.
22) Perchè con le foglie del castagno si fa uno strame soffice.
23) è credenza popolare che quanta più neve cade in inverno, tanto più abbondante sarà l'anno dopo il racconto.



Il pesco






Adolfo Cipriani, cui la lirica è dedicata, era il titolare di una ditta di arredamenti a Livorno: amico del Poeta, lo aveva agevolato nell'acquisto di mobili.

Penso a Livorno, a un vecchio cimitero (1)
di vecchi morti; ove a dormir con essi
niuno più scende (2); sempre chiuso; nero
d'alti cipressi.

Tra i loro tronchi che mai niuno vede,(3)
di là dell'erto muro e delle porte
ch'hanno obliato i cardini, (4) si crede
morta la Morte, (5)

anch'essa. Eppure, in un bel dì d'Aprile,
sopra quel nero (6) vidi, roseo, fresco,
vivo, dal muro sporgere un sottile
ramo di pesco.

Figlio d'ignoto nòcciolo, d'allora
sei tu cresciuto tra gli ignoti morti?
ed ora invidii i mandorli che indora
l'alba negli orti?

od i cipressi, gracile e selvaggio,(7)
dimenticàti, col tuo riso allieti,
tu trovatello in un eremitaggio
d'anacoreti? (8)


1) Ero quello protestante, a Livorno, com'è indicato in un abbozzo in prosa di questa poesia.
2) Perchè era chiuso e abbandonato da più di 50 anni.
3) Perchè era al di là di un muro di cinta.
4) Nessuno lo apre più.
5) Nel cimitero non veniva tumulato più nessuno e chi vi era sepolto poteva credere che la morte non esistesse più.
6) I cipressi.
7) Selvatico.
8) I cipressi severi e solitari.



Canzone di nozze









Guardi la vostra casa sopra un rivo,
sopra le stipe (1), sopra le ginestre;
ed entri l'eco d'un gorgheggio estivo
dalle finestre.

Dolce dormire con nel sogno (2) il canto
dell'usignolo! E sian sotto la gronda
rondini nere. Dolce avere accanto
chi vi risponda,

sul far dell'alba, quando voi direte
pian piano: è vero che non s'è più soli? (3)
Sì, sì, diranno,(4) vero ver... Che liete
grida! che voli!

sul far dell'alba, quando tutto ancora
sembra dormir dietro le imposte unite!
Sembra, e non è. Voi sì, forse, in quell'ora,
madri, dormite.

Sognate biondo (5) : nelle vostre teste
non un fil bianco: bianche, nel giardino,
sono, sì, quelle ch'ora vi tendeste,
fascie di lino.


1) Piccoli arbusti.
2) Mentre si sogna.
3) Attendono un bambino.
4) Vuol riprodurre il verso delle rondini.
5) Un bimbo biondo.



Mio Papà Gabriele



è morto stamattina, verso le 6. Io avevo appena finito di scrivere i miei racconti.
Niente Poesia di Pascoli, per oggi. Mentre stavo aprendo il libro di Pascoli,
è arrivata la telefonata dell'ospedale.
Alle 7 e qualcosa ho visto il suo cadavere.
Lo sapevo che doveva morire, mi ero illusa che trascrivere le Poesie di Pascoli
fosse un modo di allungargli la vita.Sapevo che non avrei finito di leggere "Myricae".

Mio Padre amava la Letteratura.
Questo blog lo avevo aperto perchè in questi giorni, volevo sentirmi "in compagnia" di Pascoli, che aveva vissuto i lutti famigliari e ne aveva tratto delle stupende Poesie.

 Mio Padre aveva 61 anni. Era appassionato di Letteratura, di recente aveva imparato anche il Latino. E  il Cinese e il Giapponese. Ci sono ancora i dizionari sul suo comodino, insieme alle sue poesie preferite, che trascriveva e leggeva.
Sapeva parlare e scrivere il Tedesco, il Russo, l'Arabo, l'Ebraico, lo Spagnolo, il Portoghese. Amava leggere e studiare le lingue, fin da giovane.
Amava cucinare. Amava collezionare i francobolli.

I suoi scrittori preferiti erano Dante, d'Annunzio, Cardarelli, Tasso, Manzoni, e tanti altri, tutti i russi, o i francesi, i classici, insomma.

L'ultima frase che gli ho detto, quando ancora era sveglio, giorni fa,
è stata "Ti voglio bene, Papà."

Non l'ho mai chiamato così. Lo chiamavo "Gabry", come mia madre.
Sono scoppiata a piangere dopo aver detto quella frase.

Lui mi ha risposto "Lo so"
il giorno dopo ha detto a mia madre di dirmi di non piangere per lui.





I gigli





Nel mio villaggio (1), dietro la Madonna
dell'acqua (2), presso a molti pii bisbigli,
sorgono sopra l'esile colonna (3)
verde i miei gigli:

miei, ché a deporne i tuberi in quel canto
del suo giardino fu mia madre mesta.
D'altri è il giardino: di mia madre (è tanto!...(4) )
nulla più resta.

Sonto tanti anni!... Ma quei gigli ogni anno
escono ancora a biancheggiar tra folti
cesti (5) d'ortica; ed ora... ora saranno
forse già còlti.

Forse già sono su l'altar, lì presso,
a chieder l'acqua (6), or ch'è mietuto il grano,
per il granoturco : e nel pregar sommesso
meridiano,

guardando i gigli, alcuna (7) ebbe un fugace
ricordo (8) ; e chiede che Maria mi porti
nella mia casa, per morirvi in pace
presso i miei morti.


1) A San Mauro.
2) Una piccola cappella all'estremità del giardino della casa materna di Pascoli.
3) Lo stelo.
4) Da tanto tempo è morta, e la casa è stata venduta.
5) Cespi.
6) Offerti dai fedeli per chiedere a Dio la pioggia, in un pericolo di siccità.
7) Qualcuna delle donne presenti.
8) Della famiglia Pascoli che un tempo abitava quella casa, e del poeta.



Colloquio





Sono 5 sonetti in cui il Poeta parla con il pallido fantasma della madre morta, continuando il discorso dei tre sonetti di "Anniversario", e il Poeta giunge a rimproverare la madre d'esser morta troppo presto, quando i figli avevano bisogno di lei. S'intrecciano poi altri motivi: la speranza di una resurrezione dal sonno della morte, l'accettazione della morte, il ricordo della morte della madre. Infine, una luce: la vita del Poeta è consolata dal canto degli uccelli, dai fiori nati a primavera, dalla gioia di aver ricostruito attorno a sé la famiglia. Ora Ida e Maria sono in faccende per festeggiare il suo compleanno e anche la mamma può riposare in pace.


I

Brulli i pioppi nell'aria di viola (1)
sorgono sopra i lecci, sfavillando (2)
come oro: sopra il tetto della scuola
si sfrangia un orlo a fiocchi rosei (3) ; quando,

lieve come un sospiro, entra; (4) poi sola,
bianca, le mani al cuore, ristà, ansando;
gira gli occhi - dov'è la famigliuola? -
e ha sui labbri il suo sorriso blando; (5)

ma piange; Oh! sì: son quello: il tuo Giovanni...
un po' mutato. O madre seppellita,
che gli altri (6) lasci, oggi, per me (7) ; parliamo.

Io devo dirti cosa da molti anni
chiusa dentro. E non piangere. La vita
che tu mi desti - o madre, tu! - non l'amo.


1) Perchè vi si addensano le ombre della sera.
2) Per gli ultimi raggi del Sole.
3) Una nuvola si dissolve.
4) La madre.
5) Soave.
6) I famigliari morti nel camposanto. (Vedere "Il Giorno dei Morti")
7) Nel giorno del mio compleanno.


II

Non piangere. è uno sforzo così mesto
viverla senza di te questa vita!
ad ogni gioia è tanto dolor questo
subito ricordar te, seppellita!

Dai sogni, oh! brevi, della gioia desto
io mi ritrovo a piangere infinita -
mente con te: morire! così presto!
partire, o madre, come sei partita! (8)

Tu non dovevi. Con quegli occhi in pianto! (9)
Con quella bimba (10) che parlava appena!
Dovevi, o madre pia, dirlo a Dio padre,

che non potevi (11) ; e ti lasciasse; e in tanto
te la guarisse Dio quella tua vena
che ci si ruppe nel tuo cuore, o madre! (12)


8) Sei morta troppo presto.
9) Gli occhi della madre morente.
10) Maria, che aveva solo 3 anni.
11) Morire.
12) Che a noi si ruppe il cuore, quasi a indicare il morire dei figli nella madre.


III

Non piangere... Sarebbe così bello (13)
questo mondo odorato di mistero! (14)
sarebbe la tua via come un sentiero
con l'erba intatta, all'ombra dell'ornello. (15)

E nuova tu saresti (16) anche all'amello, (17)
anche al frullo del passero ciarliero!
Ma rasentando il muto cimitero,
ti fermeresti pallida al cancello...

E io direi del sonno delle larve
che sognano ali (18), e delle siepi tetre
ch'hanno nel sonno grappoli di fiori.

Pianger ti lascerei di ciò che sparve;
indi sorrideremmo anche alle pietre
bianche (19), là, tra cipressi e sicomori.


13) Se la madre vivesse
14) Quasi che il mistero vaporasse dalle cose.
15) Albero simile al frassino.
16) Vedesti la natura come nuova, con gioia rinnovata.
17) Pianta erbacea con fiori gialli.
18) Il pensiero dei famigliari sepolti nel cimitero suscita la speranza di una resurrezione dal sonno dela morte, come il baco da seta chiuso nel bozzolo si ridesta farfalla (l'immagine è di derivazione dantesca). Lo stesso significato di resurrezione e di vita ha l'immagine seguente della siepe brulla e spinosa che in primavera metterà nuovi fiori.
19) Alle tombe.


IV

Ma... ma tu piangi come non ti vidi
piangere mai, nel dolce viso attento.
Ma se lo so, con che dolce lamento
chiedevi al cielo e con che fiochi gridi
che ti lasciasse! (20) Quali madri i nidi
lasciano soli pigolare al vento?
S'era per mamma, t'avrei qui; lo sento:
viva, lo so: perdonami; sorridi.

Ma se lo so: fioccava senza fine; (21)
e tu, tra i ceri, con la morte accanto,
sentendo gli urli della tramontana,
parlavi, ancora, delle due bambine;
cui non potevi, non potevi, in tanto,
cucire i piccoli abiti di lana.


20) Vivere.
21) La madre del Poeta morì in inverno, il 18 dicembre 1868.
22) Anche vicina a morire, la madre si angustiava di non aver potuto fare le cose necessarie per l'inverno.


V

Ma sì: la vita mia (non piangere!) ora
non è poi tanto sola e tanto nera:
cantò (23) la cingallegra in su l'aurora,
cantava a mezzodì la capinera.

I canarini cantano la sera
per la mia cena piccola e canora:
poi nell'orto vedessi a primavera
come il ciclame e l'ulivella odora! (24)

I gerani vedrai, messi al coperto
dal gelo: qualche foglia ha la cedrina, (25)
ricordi? l'erba che piaceva a te...

Sorridi? a questo sbatter d'usci? è certo
Ida tua che sfaccenda, oggi, in cucina.
E Maria? Maria prega, oggi, per me. (26)


23) A Massa e a Livorno il Pascoli aveva molti uccellini in casa, che a ogni ora lo allietavano col canto.
24) Il ciclame fiorisce a primavera. L'ulivella sono arbusti con fiori rosei e frutti a bacche rosse.
25) Piccolo arbusto dalle foglie aromatiche.
26) Il Pascoli considerava le sorelle con un simbolismo: Ida era la vita attiva, Maria la vita contemplativa.



In cammino









La lirica parte dalla visione di un pellegrino, stanco, affranto, che si riposa e poi riprende il cammino, seguendo la direzione degli uccelli migratori.Questo fatto si carica di complessi significati che nell'immagine del pellegrino sottintendono il destino dell'uomo: la vita non ha maggiore importanza di uno sguardo distratto rivolto a uno sconosciuto per via, né peso maggiore di un sogno che abbia lasciato un'impressione indistinta e all'uomo non resta che aspettare la morte. Eppure il volo delle gru che emigrano dà nuova forza al viandante: è l'immagine dell'indistinta, incessante vita naturale? è un invito che scende dall'alto, dove splendono le stelle? è un sogno? è una speranza?

Siede sopra una pietra del cammino, (1)
a notte fonda, nel nebbioso piano:
e tra la nebbia sente il pellegrino
le foglie secche stridere pian piano:
il cielo geme,(2) immobile, lontano,
e l'uomo pensa: Non sorgerò più. (3)

Pensa: un'occhiata quale passeggero,
vana, ha gettata a passeggero in via, (4)
è la sua vita, e impresse nel pensiero
l'orma che lascia il sogno che s'oblìa; (5)
un'orma lieve, che non sa se sia
spento dolore o gioia che non fu.

Ed ecco - quasi sopra la sua tomba
siede (6), tra l'invisibile caduta - (7)
passa uno squillo tremulo di tromba (8)
che tra la nebbia, nel passar, saluta;
squillo che viene d'oltre l'ombra (9) muta,
d'oltre la nebbia: di più su: più su,

dove serene brillano le stelle
sul mar di nebbia, sul fumoso mare
in cui t'allunghi (10) in pallide fiammelle
tu, lento Carro, e tu, Stella polare,
passano squilli come di fanfare,
passa un nero triangolo di gru. (11)

Tra le serene costellazioni
vanno e la nebbia delle lande strane;
vanno incessanti a tiepidi valloni,
a verdi oasi, ad isole lontane,
a dilagate cerule fiumane, (12)
vanno al misterioso Timbuctù. (13)

Sono passate... Ma la testa alzava
dalla sua pietra intento il pellegrino
a quella voce, e tra la nebbia cava (14)
riprese il suo bordone e il suo destino: (15)
tranquillamente seguitò il cammino
dietro lo squillo che vanìa laggiù.


1) Della strada che sta percorrendo.
2) Il fruscio del vento sembra un gemito misterioso.
3) Non saprò più riprendere il cammino.
4) La sua vita è vana, simile all'occhiata distratta che un viandante getta ad un altro viandante.
5) La vita gli ha lasciato nel pensiero una traccia lievissima, come l'impressione di un sogno dimenticato.
6) Perchè la stanchezza e le delusioni sono tante che non si sente di riprendere il cammino della vita. La tomba è la "pietra del cammino" del verso 1.
7) Delle foglie.
8) Il verso acuto delle gru migranti.
9) Al di sopra della nebbia e del mistero che ci circonda.
10) Attraverso il velo di nebbia, le costellazioni appaiono deformate.
11) Le gru migranti si dispongono a triangolo, con il vertice nella direzione del volo.
12) Fiumi azzurri e straripanti.
13) Città dell'odierno Mali, oltre il Sahara. Qui vuole indicare un luogo lontano e misterioso.
14) Priva di consistenza.
15) Impugnò il bastone e riprese la via, seguendo il suo destino.