Il piccolo aratore




è quasi un indovinello in versi che continua nella lirica seguente: lo scolaretto che scrive è un piccolo aratore e come questo traccia faticosamente i solchi, così quello riga il foglio con le linee della scrittura. Allo stesso modo il ragazzo che legge (la poesia successiva "Il piccolo mietitore") diventa il contadinello che stringe in fasci le spighe, come il lettore raduna le parole nella frase. Le varie azioni del leggere e dello scrivere sono adombrate continuamente dalle diverse operazioni della mietitura e dell'aratura, con un virtuosismo ingegnoso.

Scrive... (la nonna ammira) : ara bel bello (1)
guida l'aratro (2) con la mano lenta;
semina (3) col suo piccolo marrello: (4)
il campo è bianco, (5) nera la sementa.(6)

D'inverno(7) egli ara: la sementa nera
d'inverno spunta, sfronza a primavera; (8)
fiorisce, ed ecco, il primo tuon di Marzo
rotola in aria, e il serpe esce dal balzo. (9)


1) Le linee della scrittura procedono come i solchi quando si ara.
2) La penna.
3) Traccia le lettere.
4) La marra che penetra la terra è il pennino che solca di segni la pagina.
5) La pagina su cui scrive è bianca; la sementa, ovvero le parole, sono tracciate con inchiostro nero.
6) L'inchiostro.
7) Lo scolaro studia tutto l'inverno e avrà i suoi frutti nella tarda primavera, alla conclusione dell'anno scolastico.
8) Mette gemme e fronde.
9) In primavera il ragazzo può uscire felice tra i campi.
Il Pascoli ha fuso due proverbi toscani: "Al primo tuon di marzo escono fuori tutte le serpi" e "Marzo, la serpe esce dal balzo".