Nozze
Come l'usignolo, anche il poeta dà il suo canto per nulla, senza interessi pratici e concreti, ma i critici e i lettori insensibili ("la rana") non capiscono la purezza della sua poesia.
Dava moglie la Rana al suo figliolo.
Or con la pace vostra, o raganelle,
il suon (1) lo chiese ad un cantor del brolo.(2)
Egli cantò: la cobbola (3) giuliva
parve un picchierellar trito di stelle (4)
nel ciel di sera, che ne tintinniva.
Le campagne addolcì quel tintinnìo
e neri boschi fumiganti d'oro. (5)
[qui segue un testo in greco, i versi di Aristofane
presi dagli "Uccelli"]
è notte: ancora in un albor di neve (6)
sale quest'inno come uno zampillo;
quando la Rana chiede, quanto deve (7):
se quattro chioccioline, o qualche foglia
d'appio,(8) o voglia un mazzuolo di serpillo (9),
o voglia un paio di bachi, o ciò che voglia.
Oh! rispos'egli: nulla al Rosignolo,
nulla tu devi delle sue cantate:
ei l'ha per nulla (10) e dà per nulla: solo,
sì l'ascoltate e poi non gracidate.
Al lume della luna ogni ranocchia
gracidò: quanta spocchia, quanta spocchia! (11)
1) La musica per le nozze.
2) L'usignolo.
3) La cobbola è un componimento tipico dell'antica poesia provenzale. Qui indica il canto dell'usignolo.
4) I trilli minuti e veloci del canto sembrano frammenti di stelle che urtandosi tintinnino il cielo. "Trito" perchè ridotto in frammenti.
5) è il pulviscolo dorato del tramonto.
6) In una chiara luminosità.
7) Quanto deve pagare all'usignolo.
8) Erba della famiglia del sedano.
9) Varietà di timo.
10) Il canto gli sorge spontaneo.
11) Superbia.